Antica Roma e valori per i miles

Nel 107 a.C. C. Mario, eletto console ed incaricato di continuare la guerra contro Giugurta, adotta un principio rivoluzionario nel reclutamento di nuove leve: non è più necessario, per arruolarsi nelle legioni, essere detentori di ricchezze. Viene così superato il rigoroso principio che il soldato (miles) romano doveva possedere un determinato censo: principio fino ad allora ferreo, rafforzato dalla convinzione aristocratica che chi non aveva nulla da difendere, non poteva essere un buon soldato.
Da quel momento, pur restando ferme tutte le altre condizioni per essere arruolati nelle legioni (età, condizioni e prestanza fisiche, statura, moralità e soprattutto la cittadinanza romana), la fisionomia dell’esercito dell’Urbe venne ad essere radicalmente cambiata: restava un esercito di cittadini e quindi non un esercito mercenario, ma assumeva le peculiari caratteristiche di una struttura permanente, i cui componenti erano volontari, che, impegnandosi a restare sotto le armi per un periodo molto lungo (16-20 anni ed oltre), avevano scelto il mestiere delle armi, invece che un altro qualsiasi, in vista dei vantaggi economici e di status che l’appartenenza alle legioni comportava.

Nell’antica Roma, sia in età repubblicana che imperiale, fu sempre valido il principio dell’obbligatorietà, per i cittadini romani, dai 18 ai 46 anni, del servizio militare: tale principio ebbe un valore effettivo fino alla riforma mariana. Successivamente, con il prevalente arruolamento di volontari, restò operante solo per i giovani dei ceti elevati: per intraprendere la carriera delle magistrature era infatti indispensabile avere adempiuto agli obblighi militari.

Subito dopo essere stato inquadrato nel reparto a cui era stato assegnato, il miles prestava, insieme ai suoi commilitoni, il giuramento di fedeltà (sacramentum militiae) che – per il suo alto valore religioso, giuridico e civicolo legava allo stato, al suo generale ed ai suoi compagni d’arme con un vincolo che doveva essere osservato fino al momento del congedo: in caso contrario, egli avrebbe commesso un’imperdonabile empietà.

Tratto da:
Il soldato: carriera militare e vita privata, in Gli affanni del vivere e del morire. Schiavi, soldati, donne, bambini nella Roma imperiale, a cura di N. Criniti, 1 ed., Brescia, Grafo, 1991.