Unbent Unbowed Unbroken

Unbent Unbowed Unbroken prova

Preso da WordReference.com

Bent:

  • piegato, curvo
  • corrotto, marcio
  • omosessuale, frocio, culattone, finocchio

Bowed:

  • inchinato, piegato
  • deferente, servile
  • oppresso, assillato

Broken:

  • rotto, guasto
  • rotto
  • spezzato, rotto, reciso
  • tradito, mancato

Unbent

  • In piedi

Unbowed:

  • indomito

Unbroken:

  • intero, integro
  • ininterrotto, continuo

Questo significica che se i sei termini sopra citati sono utilizzati per definire i caratteri delle persone, è lecito che la TripleU o UUU sia una peculiarità di questa storia, ben sapendo che rappresenta la quintessenza della resistenza umana, almeno apparentemente.

Evento: Musica Classica o Rock? Post: 4

 
Spumeggiante e pallida come la luna che si riflette nel mare, quell’insulsa donna mi aveva lasciato cadere a peso morto. Non si era neppure degnata di reagire al mio tentativo di divincolarmi, visto che mentre la stavo per colpire, lei mi lasciò cadere nel vuoto.
Si era fatta male? Forse non lo avrei mai saputo, visto che l’unica cosa che sentivo era la nuda roccia che scalfiva la mia pelle e mi faceva male, tanto male. Potevo richiamare a me quel potere così inebriante e denso di forza, ma non potevo evitare di ruzzolare giù da quello scoscesissimo pendio. Mentre rotolavo, in quei pochi attimi, lunghi forse ore, ritornai con la mente a quel giorno di tanti anni fa.

~ Alcuni anni prima
Cade! Spostati, hai sentito?
Sembrava di no. La roccia lo colpì in pieno e lui cadde in terra, senza muoversi. Sotto l’immobile roccia una macchia di sangue si stava allargando a dismisura e di quel ragazzo non rimase altro ché il ricordo. Gli altri continuarono a salire, arpionando con le dita la nuda roccia, sostenendo il peso di un altro corpo sulle loro spalle. Ancora una volta la voce del maestro urlò qualcosa e un altro masso cadde giù dalla cima, andando a travolgere un altro allievo, facendolo rotolare fino a valle e lasciandolo privo dell’uso delle gambe.
Uomini, nient’alto che uomini siamo. Il nostro è un corpo umano, che riesce a fare sforzi sovrumani, se sollecitato nel modo giusto, ma alla fine dei conti, restiamo sempre degli uomini. Fatti di carne e ossa.

Carne che va in brandelli. Ossa che si spezzano.
Carne che si graffia e sanguina. Ossa che si rompono per sempre.

La nostra vita è una vita come quella di tutti gli altri esseri umani, ha un inizio e una fine. Il difficile non è nascere e neppure morire. Il difficile sta nel mezzo. Il difficile sta nel sopravvivere. E quella sua vita, quando ancora aveva meno di vent’anni, era stata una vita terribile, senza vie di fuga, senza la possibilità di trovare un’altra soluzione. Senza la scelta di vivere o di morire, ma solo con una certezza: andare avanti a ogni costo. A qualunque prezzo.

~ Santuario di Atena, verso la vallata
Non avevo avuto il tempo neppure di rigirarmi, come riescono a fare i gatti quando cadono da un’altezza abbastanza elevata da permettergli di cadere in piedi. Non ero stato fortunato come loro. Forse mi ero sbilanciato troppo, azzardando quella ginocchiata al braccio che mi teneva in precario equilibrio, ma che ci potevo fare? Era stata la prima e unica cosa che mi era venuta in mente. In poche frazioni di attimo, quando sei col collo stretto, sull’orlo di un burrone, col baricentro oltre quella linea sottile che potrebbe separarti dalla vita alla morte, non hai tanto tempo per pensare.

L’unica cosa che hai da fare è agire d’istinto. E io l’avevo fatto, a mie spese, ma questo l’avrei capito più avanti. La luce argentea che avevo richiamato attorno al mio corpo, per darmi la forza di sferrare l’affondo alla donna incappucciata, era svanita come neve al sole.
In quel momento, l’unica cosa che sentivo era il dolore che mi stavo procurando, rotolando per il ripidissimo pendio che mi stava portando una decina abbondante di metri verso valle. Se non fosse stato così scosceso, sarei precipitato e basta, schiantandomi al suolo e rimettendoci più ossa del dovuto, ma non fu così, forse per fortuna, o forse no. Dietro di me avevo lasciato una piccola scia di sangue, dovuta al numero così elevato di piccole ferite e strappi della pelle che avevano graffiato il mio corpo, dopo aver strappato in parte i miei vestiti.

Mezza maglia era rimasta attaccata a un ramo dell’arbusto che cresceva lungo il pendio, che avevo travolto nella mia rocambolesca discesa a valle, in quei pochi secondi in cui, rotolando sulla roccia, l’avevo spezzato e lui aveva spezzato me. Oppure era stato il masso che aveva fermato il mio corpo a spezzarmi il braccio? Non l’avrei saputo dire. In quel momento non riuscivo neppure a pensare alle parole di disprezzo della donna alle mie spalle, che mi apostrofava cercando di ottenere, probabilmente, quello che non le avrei potuto dare.
Provai a risollevarmi, ma l’appoggio sul braccio destro si era rivelato una vuota speranza. Se provavo a muoverlo, l’unica risposta che sentivo provenire da lui era l’urlo delle mie ossa rotte e il sanguinare della ferita apertasi urtando sulla nuda roccia. Non urlai neppure, oramai ero abituato a quelle situazioni, o meglio, il mio corpo lo era, altrimenti come facevo a spiegarmi tutte quelle cicatrici che ricoprivano la mia pelle? Sbuffai per il fatto di non riuscire a stare dritto in piedi, almeno non senza sforzo.

Impiegai più del dovuto per tirarmi su e mi chiesi che fine avesse fatto lei, quando – con la coda dell’occhio – la vidi scendere con una grazia così sopraffina da quel dirupo, che se non l’avessi già vista in azione pochi attimi prima, avrei potuto temere per la mia vita. Cosa che facevo in ogni caso, vista la forza che la tizia aveva dimostrato. Il braccio destro era disteso lungo il mio corpo, non ero quasi in grado di muoverlo, figuriamoci se sarei stato in grado di suonare il mio strumento.

Sorrisi sommessamente, guardandola dritta negli occhi, facendo brillare il mio cosmo. Se voleva la guerra, l’avrebbe trovata, non avrebbe mai dovuto risvegliare il mio lato combattivo, quello che il mio maestro, anni prima, mi aveva fatto sviluppare oltre la semplice natura umana. Non ero un Cavaliere, forse perché non possedevo un’armatura, ma il mio spirito era quello di un Cavaliere e sarei morto come il mio maestro mi aveva insegnato a vivere.
Combattendo per la mia vita.